Il cinema sanguigno, fisico, conturbante di Resnais, Potter, Almodóvar
Questo fine settimana l’ass. cult. Oltre il Visibile organizza la rassegna film-tematica dal titolo Il linguaggio del corpo non mente (Location: Sala “Flavio Boccarini” di Amelia, in collaborazione con il Comune di Amelia, Ass.to alla Cultura e con l’ass. Corazón Tango di Perugia).
Partendo dal cinema di Resnais, Potter e Almodóvar si vuole portare l’attenzione sul linguaggio del corpo, creatore, di per se stesso, di un tipo di comunicazione molto potente, di cui siamo, per la maggior parte, “analfabeti”.
Il nostro corpo, i movimenti e la postura che abbiamo, inviano segnali agli altri anche se non ce ne accorgiamo: senza saperlo noi continuamente diciamo chi siamo.
Secondo recenti studi, infatti, più della metà della comunicazione (precisamente il 55%) è di tipo non verbale: ciò vuol dire che inviamo e riceviamo messaggi che non vengono veicolati dalle parole.
Ecco il motivo della scelta di questa Rassegna: soffermarsi sul modo in cui utilizziamo il nostro corpo nelle relazioni con gli altri. Questo ci permetterebbe di imparare da noi stessi diventando sempre più consapevoli dei messaggi che, senza volerlo, trasmettiamo.
La consapevolezza, infatti, ci permette di comprendere aspetti di noi e di capire, per esempio, come abbiamo potuto contribuire a generare nelle persone delle reazioni che ci hanno fatto soffrire. Allo stesso tempo, possiamo capire il senso dei gesti del nostro interlocutore sviluppando, così, capacità relazionali molto utili.
Si parte dunque venerdì 19 aprile, ore 21.00, con la commedia filosofica Mon oncle d’Amerique (Francia, 1980), 8° film di Alain Resnais, il più sanguigno, fisico e concreto: premio speciale della giuria a Cannes.
Tre storie, due uomini e una donna: un alto funzionario dell’azienda televisiva di Stato, un tecnico dell’industria tessile, un’attrice di teatro. Dapprima parallele, poi le vite del primo e della terza s’incrociano e si sovrappongono finché, quasi a sorpresa, avviene il congiungimento col personaggio che interviene, prima con la voce e poi di persona: il prof. Henri Laborit, biologo e filosofo scientifico, che propone le sue teorie sul comportamento umano e sul funzionamento del cervello, ma i suoi ragionamenti non spiegano la condotta dei personaggi: offrono chiavi per decodificarla.
Un documentario sulla biologia del comportamento, insomma, che è diventato un romanzo cinematografico, “la dimostrazione che gli atti umani dipendono invincibilmente dalle strutture biologiche, dal condizionamento del cervello e del sistema nervoso”.
Ce ne parlerà prima del film la critica cinematografica Maria Rita Fedrizzi.
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La giornata di sabato 20 aprile, invece, è interamente dedicata al Tango Argentino che, oltre ad essere un affascinante ballo di coppia, è un linguaggio del corpo vero e proprio: ha la sua tecnica, i suoi schemi ma, una volta appresi questi elementi, la danza si sviluppa attraverso l’improvvisazione, in un dialogo a due che ha infinite possibilità espressive.
Si inizia alle ore 16.00 con una serie di lezioni per principianti, intermedi, avanzati, a cura del gruppo Corazón Tango di Perugia (le lezioni termineranno alle ore 19.45 ca. e saranno seguite da una cine-cena tanguera c/o la locanda Porcelli Tavern, via Farrattini, 73: è consigliabile la prenotazione).
Si prosegue alle 21.30 con la proiezione di Lezioni di tango (Gran Bretagna, 1997), un film di Sally Potter, che, dopo il successo del film “Orlando”, si è innamorata prima di Astor Piazzolla e della sua musica, poi del tango come ballo e del piacere di impararlo e infine di Veron, ballerino professionista che le ha fatto da maestro.
Da questa progressiva esperienza di vita ha fatto “un film esibizionista, impudico, autocompiaciuto, diseguale, coraggioso e insolito”: dopo aver praticato la danza, la coreografia, il canto, la musica, il teatro, ha imparato a ballare il tango e ha saputo filmare con eleganza funzionale questa danza ambigua, veloce, ravvicinata, malinconica ed estatica.
A seguire si ballerà la Milonga fino a tarda notte.
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La Rassegna avrà termine domenica 21 aprile, ore 18.30, con la proiezione di La pelle che abito (Spagna, 2011), diciannovesimo lungometraggio del regista spagnolo Pedro Almodóvar, tratto dal libro “Tarantola”, del francese Thierry Jonquet.
Fin dove può arrivare una persona ferita? Di cos’è fatta la nostra identità? Come e quando si acquisisce? Si può perdere del tutto? Si può rubare? Trasferire?
Il mito dietro al film è quello dello scienziato pazzo, del dottor Frankenstein, ma iniettato di mal d’amore e di melodramma. Ma ciò che è più interessante è l’idea “psicosomatica” che attraversa il film: non è un caso che la parola inglese “film” sia l’italiano “pellicola” nel senso di strato sottile, pellicina, prima ancora che supporto cinematografico.
Riprendendo l’invenzione dello psicanalista Anzieu, teorico dell’ “Io-pelle”, è infatti esattamente questa la materia di cui è fatta la nostra identità: dal primo contatto con l’epidermide materna al contatto col mondo attraverso il tatto, la pelle è lo schermo (nel senso di filtro ma anche di foglio bianco) del nostro mentale. Funziona tanto come una pellicola, sulla quale s’impressionano i diversi contenuti inconsci, quanto come il quadro sui cui vengono proiettati e resi visibili.
Per l’occasione il film sarà introdotto dal critico cinematografico Pierluca Neri.