“Molti emigrano per non morire di fame, altri per non essere ammazzati, ma c’è anche qualcuno che emigra per non morire dentro…” Turi Motta
Uno spettacolo che si sviluppa dal corpo e dalla voce dell’autore-attore, asciutto, essenziale, puro, libero da artifici, sincopato come un concerto jazz, fitto di immagini, canti, racconti popolari, sul filo di un’ironia che sorregge un impianto narrativo dove nostalgia e sogno si alternano a squarci di vita reale di un emigrante per disperazione.
Nella performance l’apparente leggerezza della forma si sposa alla solidità del contenuto, in un crescendo evocativo in cui i suoni e le voci del passato ci vengono incontro sul filo di una memoria che è sostanza e segno, a fronte della nuova terra eletta dall’emigrante come sua dimora, per poi ritrovarsi ancora in altre dimore, in un movimento traslato che è ricerca del Sé e dell’Altro.
Il tema della migrazione assume toni originali, gradevolmente fuor di retorica, ma non fuor di metafora: il Lontano e il Vicino si fronteggiano, si oppongono, si elidono in una dimensione meta-storica.
«Mi sono perso in America ma un giorno ho ritrovato me stesso»
Amelia (TR)
Arena Chiostro di San Francesco
P.zza Augusto Vera, 10
Giovedì 7 luglio – ore 21.30
NONNI AVI – EMIGRANTE DI MEZZO
di e con Salvatore Motta
Regia di Gianluca Barbadori e Salvatore Motta
Il “sogno americano” di Turi, emigrante italiano a cavallo del terzo millennio e in mezzo a tre culture: italiana, statunitense, colombiana.
Brandelli di memoria, aneddoti, leggende familiari, canti popolari danno corpo alla storia narrata attraverso i ricordi del nonno e gli echi della tradizione siciliana.
Turi è un personaggio-metafora, catapultato nel “sogno americano”. Il suono del marranzano, i canti, le poesie, il dialetto catanese, si alternano al racconto, ironico, commovente ed evocativo, in cui Motta riesce a traslare il testo in immagine. Catania, il fragore dell’eruzione dell’Etna, la statua dell’Elefante, il vocio degli ambulanti, i sapori della cucina, accompagnano Turi nella sua avventura americana.
È l’anima di Turi il cuore pulsante della storia, in bilico tra passato, stupore, sogno, nostalgia, in un paese straniero dove prima di capire devi imparare il nome delle cose.
Un relato personale di un viaggiatore che scopre un mondo tanto grande e tanto diverso che solo attraverso la leggerezza dell’umorismo riesce a sopravvivere e integrarsi senza omologarsi.
Una performance che si fonde con l’impegno sociale e pedagogico di Salvatore Motta, un teatro che usa il teatro come strumento per liberare energie ed impulsi creativi; un lavoro che si ispira principalmente al Teatro povero creato dal regista polacco Jerzy Grotowski. Un teatro essenziale, puro, libero da qualunque forma di spettacolarità adulterata da effetti speciali, in cui l’attore si trasforma servendosi solo del proprio corpo e della voce.
Co-produzione con il Colectivo Errante di Bogotá
TURI MOTTA
Turi Motta dopo una lunga formazione a Casa Cenci come pedagogo, parte per l’America con Il New World Performance Laboratory (NWPL) alla scoperta del teatro povero. Presentando spettacoli e seminari in diverse parti del mondo, affina gli strumenti espressivi che lo caratterizzano come attore fisico. Dopo aver concluso i suoi studi negli Stati Uniti, porta in Colombia quello che ha sviluppato nei suoi duri anni di lavoro con il NWPL, diventando professore di espressività corporea nella scuola del Teatro Nacional. Partecipa a spettacoli nel Festival Ibero Americano a Bogotà ampliando sempre di più le sue caratteristiche d’attore e sperimentando altri generi teatrali come il Teatro Politico e il Musical.
Da qualche anno lavora in Uruguay con il gruppo La Orientala con la quale ha creato uno spettacolo Quadri presentato anche in Svizzera e Colombia.
Oggi continua la sua ricerca con il regista Gerry Minasi con il trittico La Commedia Divina dell’Essere Umano.
NOTE
Entrata con tessera OV 2016 e sottoscrizione
Graph Roberta Boccacci