Dell’impossibile compiutezza dell’essere: universo femminile, schizofrenia e scambi identitari
La morte di Edgar in Tre donne è la fine della specie, il che a me va benissimo. Il maschio è estinto. E non credo che importi molto. La nostra assenza non fermerà certo l’universo. Robert Altman
Ideale seguito della precedente rassegna omaggio a Robert Altman, questa iniziativa ha al suo centro Tre donne (1977), film con cui il regista americano chiude la propria trilogia sull’universo femminile e la schizofrenia iniziata con Quel freddo giorno nel parco (1969) e proseguita con Images (1972).
Si tratta di un film unico, un’opera intima, molto libera, sia nel soggetto che nello sviluppo: forse una “pausa” nei confronti di quel cinema più strettamente politico e sociale che aveva caratterizzato molte delle precedenti opere di Altman.
Tre donne è, in primis, l’occasione per il regista di dichiarare esplicitamente il proprio amore nei confronti del cinema europeo, come mai prima d’allora. In particolare, il debito con il cinema di Ingmar Bergman è lampante: Tre donne può essere infatti considerato una sorta di “versione americana” di uno dei film più celebri del cineasta svedese, Persona (1966). Il film di Altman, al pari del capolavoro bergmaniano, affronta infatti casi di personalità multiple, di doppi e di scambi identitari, visti attraverso una cornice dichiaratamente onirica.
Altman scinde l’io femminile in tre personaggi le cui relazioni tra loro vengono continuamente riscritte e messe in discussione nel corso del film. Un’opera, questa, in cui il sonno e la veglia spesso si confondono, complicando continuamente lo statuto di realtà del rappresentato. Così come incerto è il senso ultimo del film: perché il film di Altman suggerisce più che spiegare, allude più che chiarire.
La componente onirica in Tre donne non può quindi essere delimitata o circoscritta: essa, piuttosto, è strutturale. Come nel capolavoro di David Lynch, Mulholland Drive (2001), anche in Tre donne si insinua nello spettatore il sospetto che la seconda parte del film sia una proiezione onirica…
Amelia (TR)
Sala comunale F. Boccarini
P.zza Augusto Vera, 10
Venerdì 2 ottobre – ore 21.00
PERSONA
Un film di Ingmar Bergman
Con Bibi Andersson, Liv Ullmann, Gunnar Björnstrand, Margaretha Krook, Jorgen Lindström
b/n durata 85 min. – Svezia 1966 – v.o.sott.it.
Presentazione a cura di Francesco Patrizi, critico cinematografico
Elisabeth Vogler, attrice di teatro e di cinema, si chiude, un giorno, nel più assoluto mutismo, rifiutandosi di parlare con il prossimo. Alma, l’infermiera addetta alla sua custodia in una villa isolata, cerca di risvegliarla dalla sua apatia, parlandole, con lunghi monologhi, della sua vita privata. Se Elisabeth, col suo silenzio, vuole interpretare una nuova parte di attrice, Alma con le sue confessioni, anche scabrose, compie un’autoanalisi del suo passato. L’affetto che comincia a nutrire per Elisabeth si tramuta in odio quando Alma scopre che l’attrice, in una lettera, ha rivelato ad altre persone i segreti che lei le raccontava. Si viene quindi a creare un sentimento di amore-odio che porta le due donne quasi a uno scambio di personalità. Ma Alma non vuole diventare insensibile come Elisabeth e, pur se non riesce mai a liberarsene del tutto psichicamente, si distacca da lei per continuare il suo lavoro di infermiera.
Si tratta dell’opera stilisticamente più sperimentale del regista svedese, nella quale l’assoluta essenzialità espressiva, resa dall’abituale, straordinario bianco e nero di Sven Nykvist e dall’uso programmatico del primo piano, è arricchita da sequenze surreali, a rappresentare l’inconscio, e da immagini metacinematografiche (la pellicola che brucia e si accartoccia su sé stessa).
Perché ogni parola è menzogna, ogni gesto falsità, ogni sorriso una smorfia. (La dottoressa a Elisabeth)
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Sabato 3 ottobre – ore 21.00
TRE DONNE
Un film di Robert Altman
Con Janice Rule, Sissy Spacek, Shelley Duvall, Ruth Nelson, Robert Fortier
durata 125 min. – USA 1977 – v.o.sott.it.
Millie (Duvall) e Pinky (Spacek) lavorano come infermiere in un centro per anziani in California. Willie (Rule) è la moglie di Edgar, il padrone del saloon, e non ha altro da fare se non dilettarsi in decorazioni d’interni e di fondi di piscine. Pinky adora Millie, ma quando scopre che questa ha una relazione con Edgar, l’incanto finisce. Dopo capovolgimenti, liti e, soprattutto, dopo la morte misteriosa di Edgar, le tre donne vanno a vivere insieme.
Presentato in concorso al 30º Festival di Cannes, è valso a Shelley Duvall il premio per la migliore interpretazione femminile.
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Domenica 4 ottobre – ore 18.00
MULHOLLAND DRIVE
Un film di David Lynch
Con Justin Theroux, Naomi Watts, Laura Harring, Ann Miller, Robert Forster
durata 145 min. – Francia, USA 2001 – v.o.sott.it.
Mulholland Drive è una lunga e vecchia strada di Los Angeles: nasce nel deserto, attraversa i quartieri ricchi e finisce a strapiombo sulla costa di Malibù. Bisognerebbe ricordarsi di questa simbologia per cercare di dare un senso all’ultimo onirico ed enigmatico film di David Lynch.
Quella che il regista stesso ha definito come “una semplice storia d’amore nella città dei sogni” è in realtà un intricato enigma sospeso tra allucinazione e realtà, con un tocco di nostalgia per il noir degli anni ’40 ed una aperta ostilità verso l’attuale star system.
Rita è un’avvenente bruna sopravvissuta ad un incidente d’auto in seguito al quale ha però perso la memoria, Betty un’aspirante attrice di belle speranze che la ospita nel proprio appartamento e se ne innamora. Le due protagoniste cercano di far luce sull’amnesia di Rita, per scoprire che in realtà niente è come sembra…
Film astratto, con una straordinaria potenza visiva, è nello stesso tempo affascinante e disturbante. Difficile trovare una chiave di lettura razionale. E difficile descriverlo. Seguendo il linguaggio dei sogni voluto dal regista, bisognerebbe limitarsi a viverne le emozioni.
Note
Entrata con tessera OV 2015 e sottoscrizione
Grafica: Luigia Stefanucci