Lo stato delle cose
Nel 2020, e ora in questo inizio 2021, le sale cinematografiche, i teatri e i musei sono stati sacrificati per ridurre il numero di contagi. Si tratta di misure suggerite dalla scienza ma imposte dalla politica. In alcuni paesi, per esempio, si è deciso di lasciare aperti i luoghi di culto e di chiudere i luoghi di spettacolo. Questa decisione non è scientifica ma politica.
Sappiamo che da diversi anni i film hanno invaso altri schermi oltre a quelli delle sale. I modi di produzione dominanti sono oramai legati allo streaming ben più che alla sala.
La sala è un territorio residuale, sempre più inessenziale economicamente ma ancora centrale socialmente e simbolicamente.
La pandemia ha dato al potere politico la possibilità di dissacrare definitivamente la sala in quanto luogo simbolico dell’essenza del cinema.
Questo processo ha richiesto un livello di brutalità adeguato al prestigio che la settima arte rivestiva nell’immaginario collettivo.
A chi lavora nel cinema è stato detto: eravate i primi, sarete gli ultimi. Colmo dell’umiliazione: valete meno dei luoghi di culto. Fine del culto.
Non è il contenuto del cinema ad essere attaccato. È il cinema (il teatro, il museo) in quanto luogo. Non ci si deve più riunire pubblicamente per l’arte. Ci si può riunire per il commercio. O per il culto. Ma non per l’arte. L’arte va consumata a casa, in famiglia, davanti ad uno schermo.
È un grande Fahrenheit 451 che ha per oggetto non il contenuto del consumo ma il modo di consumo.
Questa censura provoca la definitiva de-territorializzazione del cinema, che da oggi potrà essere definitivamente pensato come un cosa privata? Noi pensiamo di no.
La pandemia conforta l’illusione che le misure prese rispondano ad un’eccezione e che, finita l’urgenza, si tornerà alla normalità. Chissà.
La speranza
In questo bailamme, come controcanto vogliamo menzionare gli organizzatori delle proiezioni selvagge di questi ultimi mesi: a Marsiglia, a La Roche sur Yon, a Parigi, a Caen, alcuni programmatori (più o meno anonimi) hanno proiettato alcuni film sulle pareti di cinema, chiese, semplici case o palazzi.
Difficile immaginare che questi eventi effimeri diventino delle pratiche diffuse, ma sono il segno di una volontà di costruire ponti tra tutti quelli che, in strada e nelle sale, rifiutano di arrendersi all’andamento spontaneo delle cose.
Il nostro ambizioso contributo, come associazione di cultura cinematografica, sarà sempre di più quello di minimizzare il cinema come spettacolo e rendere più importante il cinema che educa alla resistenza della fragilità umana: che sia veramente potente mezzo per sviluppare una coscienza critica attraverso un pubblico che vuole formarsi e intervenire sulle cose del mondo.
Per questo il pubblico deve essere capace di ripudiare una TV del nulla e dell’isteria con personaggi che fanno la loro fortuna contando sul qualunquismo e il gusto per il vuoto imperante.
Il cinema, come tutte le arti, con la sua funzione politico-culturale, non educa alla resa ma a impadronirsi del proprio quotidiano e a proporre possibili linee d’azione e d’intervento anche in questo tragico periodo storico.
Più che l’intrattenimento, il Cinema, la Musica, la Letteratura, il Teatro o la Danza, sono elementi necessari per affrontare le nostre avversità.
Anche da un’attenta lettura della Carta IFFS – International Federation of Film Societies di Tabor, la Carta dei Diritti del Pubblico (18 settembre 1987), risulta diritto basilare per il pubblico poter accedere a diverse esperienze culturali utili per sviluppare capacità di conoscenza di sé stessi, sulla sofferenza e sulla cura di questa sofferenza in un contesto collettivo e personale di auto-formazione.
E nulla ovviamente può essere paragonato al confronto diretto e all’esperienza collettiva di vivere insieme il cinema.
Nel contesto di importanti cambiamenti nel mondo del sistema cinema, vogliamo ribadire l’importanza che le associazioni cinematografiche come la nostra, i cinema comunitari e quelli non commerciali, hanno nella promozione del grande schermo e nell’esperienza dell’attività cinematografica formativa.
La piena fruizione del Cinema è un’esperienza che bisogna continuare a vivere insieme: speriamo che presto si possa guardare al nostro recente passato con la sensazione di aver guadagnato qualcosa più di quanto non si sia perso.
Con la speranza, cioè, di risorgere dalla tragica e devastante esperienza vissuta con una maggiore solidarietà tra gli uomini, con più rispetto verso i diversi e i deboli, con più inclusività e più consapevolezza del nostro ruolo come cittadini e come “popolo delle associazioni di cultura cinematografica”.
Sognando di tornare al cinema, prima o poi.