Spettacolo/concerto da
Notizie dall’esilio e Labambina di Mariella Mehr
Tutto mi era insopportabile. L’unico modo di sopravvivere era non legarsi a nessuno. Non eravamo bambini: ci avevano sottratto ai genitori, ci trattavano come cavie, non esisteva l’amore. Per me la questione primaria era restare in vita. M. Mehr
Amelia (TR)
Sala comunale F. Boccarini
P.zza Augusto Vera, 10
Sabato 16 dicembre – ore 21.00
Spettacolo/concerto
MIO ANGELO DI CENERE
da Notizie dall’esilio e Labambina
di Mariella Mehr
Fabio Turchetti – musiche, fisarmoniche e chitarre
Daniela Coelli – voce
Luca Congedo – flauti
Luca Garlaschelli – contrabbasso e tromba
(Foto di copertina: Corrado Ninzotti)
Lo spettacolo Mio angelo di cenere è un progetto teatrale e musicale nato dai testi di Mariella Mehr, poetessa e romanziera svizzera, di etnia Jenish, da sempre impegnata nella denuncia delle discriminazioni subite dal suo popolo e da lei stessa a causa di un programma promosso dal governo svizzero, nel secondo dopoguerra, nel tentativo di normalizzare e sedentarizzare i figli delle famiglie di etnia nomade strappandoli alle loro famiglie di origine.
L’intenso spettacolo che Fabio Turchetti, autore della pièce, presenta ad Amelia, nasce dalla storia che Mariella Mehr racconta nelle sue poesie e nel romanzo “Labambina”. Narra il vagabondare da una famiglia affidataria all’altra, dei tentativi di ribellione, delle violenze e discriminazioni subite negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza.
Messe in musica da Turchetti, che le suonerà in scena (fisarmonica e chitarra) con Luca Garlaschelli (contrabbasso e tromba) e Luca Congedo (flauto), le parole di Mariella Mehr magistralmente interpretate da Daniela Coelli, nota attrice cremonese, acquistano talvolta la forza delle musiche gitane: languide, tragiche e festose scandiscono i tempi dello spettacolo.
I testi scelti dalle opere della Mehr costituiscono la narrazione poetica in immagini di destini segnati dalla persecuzione del “popolo errante”, che qui viene evocata non tanto nella concretezza dei fatti, quanto nelle cicatrici emotive e in un visionario esilio in cui ricomporre ataviche memorie, con un linguaggio che usa la lama del paradosso.
ALCUNE FOTO DELLA SERATA
NOTE
Ingresso con tessera OV 2017 e sottoscrizione
Graph: Roberta Boccacci
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Un po’ di storia
Mariella Mehr è nata a Zurigo ma ha vissuto a lungo in Toscana. Nel 2007 in occasione della presentazione delle sue poesie al teatro Fraschini di Pavia Fabio Turchetti è stato chiamato ad accompagnarla sul palco musicando e cantando alcune liriche originariamente scritte in tedesco e tradotte in italiano da Anna Ruchat. Le atmosfere che ha scelto per “metter in musica” queste liriche sono ovviamente quelle del mondo gitano, dalla rumba flamenca allo swing manouche.
A questo esordio di Pavia sono seguiti poi alcuni festival tra cui quello della letteratura di Chiasso dove sempre nel 2007 il concerto è stato registrato in diretta dalla radio svizzera. La registrazione è stata stampata e pubblicata nell’omonimo cd pubblicato dalla CPC. Con il peggioramento della salute di Mariella la collaborazione si è poi interrotta. Nel 2014 è nata questa nuova versione con un taglio più teatrale dove Daniela Coelli oltre che cantare e recitare le liriche di Mariella ha inserito due momenti di prosa tratti dal romanzo “LaBambina” ed alcuni brevi estratti del libro di Isabel Fonseca “Seppellitemi in piedi “. Lo spettacolo è stato portato in giro negli ultimi anni in varie città italiane tra cui Roma, Desio (MI), Lodi, Piacenza, Montebuono (PG), Castelverde, Cremona.
Mariella Mehr, nata a Zurigo nel dopoguerra, il 27 dicembre 1947, da madre zingara di ceppo Jenische, vittima dell’operazione Kinder der Landstrasse (bambini di strada) ha fatto della denuncia della persecuzione del suo popolo il centro della propria scrittura, vincendo numerosi premi e la Laurea Honoris Causa nel 1998 dalla Facoltà di Storia e Filosofia dell’Università di Berna per l’impegno per i diritti delle minoranze e dei gruppi emarginati.
Gli Jenisch, una etnia nomade diffusa in particolar modo in Germania e in Svizzera negli anni’40, erano già stati vittime, insieme ad altre etnie nomadi, di una cruenta persecuzione nazista che, in nome della famigerata politica razziale, li aveva prima imprigionati e poi gasificati nei campi di sterminio di mezza Europa. Già nella primissima infanzia fu strappata alla madre per essere consegnata a famiglie affidatarie, orfanatrofi, istituti psichiatrici, in quanto la rottura totale tra il bambino e il suo universo familiare era ritenuta condizione indispensabile per l’estirpazione del fenomeno zingaro (dal 1926 al 1972 furono 600 i bambini sottratti a forza alle loro famiglie nell’ambito di un programma che doveva plasmarli secondo i modelli della società sedentaria).
È da questa esperienza di sradicamento, segregazione e colpevolizzazione che nascono tutte le opere della Mehr, in particolare i romanzi della “trilogia della violenza”, di cui La bambina fa parte, e la raccolta di poesie Notizie dall’esilio, alcune delle quali musicate da Fabio Turchetti nello spettacolo Mio Angelo di Cenere.
Isabel Fonseca vive a Londra. Scrive sul Times, The Nation e The Wall Street Journal. Ha pubblicato “Seppellitemi in piedi” nel 1999 dopo una lunga serie di studi presso le comunità rom dell’est Europa.
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Mio angelo di cenere.
Ancora poco fa s’aggirava affamato
tra le crepe delle ore
sofferenza senza pari
nello sguardo che invecchia
Ora la notte lo ha redento
(esposto, forse, nel cestino)
come un giovane granello di neve
o un uccello tra i capelli
dell’estraniato
Cosa ne so io
delle ombre in volo, quelle plumbee
delle voragini consolatorie
in cui portano la putredine degli stormi?
Cosa ne so del mio giorno,
quando prende il largo
senza giornale di bordo?
(M. Mehr)
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Liberami dalla fame di memoria
spediscimi lontano senza messaggi
una volta almeno per la durata di una fitta al cuore
come la storia del fiore di nessuno.
…
Le mie mani, una treccia di fiato,
non sanno niente dell’affidabilità
di radici con un domicilio,
derubate di ogni terra
conducono una vita d’aria.
Provvista di speciali garanzie,
che nessuno capisce, non
la mia ombra, non il mio
cuore, oggetto ritrovato,
così mi consegno, ancora goffa
a piedi migranti.
(M. Mehr)
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Guardiamo separati nel mondo
ognuno incatenato alla sua ora
le nostre mani toccano una costellazione
per l’ennesima volta senza conseguenze
Nebbia avvolge quell’altrove senza sponde
nebbia si appoggia sulla mia spalla
diventa pesante, più pesante, diventa pietra
Una sola parola captata origliando
voglio estrapolarla e conservarla
perché resti indietro una ferita aperta
per mia consolazione, una strada dentro il domani
Bastava la speranza? E allora sperate con me
tutti voi soccombenti
Spera anche tu
cuore mio
un’ultima volta.
(M. Mehr)