Il 9 novembre 1993 fu abbattuto il ponte di Mostar: 3 film per capire la tragedia jugoslava
La mattina del 9 novembre 1993 il ponte di Mostar (Stari Most, che in italiano significa: “Il Vecchio Ponte”, risalente al XVI secolo) venne distrutto dalle forze croato-bosniache nel corso della guerra in Bosnia.
Prima di questo evento, esso venne danneggiato già nel 1992 dai bombardamenti attuati dai serbi: entrambe le fazioni, sia la croata che la serba, vedevano nel simbolo del ponte una parte integrante della cultura bosniaca, da distruggere in quanto tale (e infatti anche prima della sua completa distruzione esso venne ripetutamente preso di mira).
Si ritiene comunemente che lo Stari Most fosse il ponte a singolo arco più grande del suo tempo, il che lo rende uno dei capolavori architettonici dell’umanità.
Oltre il Visibile ha preso spunto da questa data-simbolo per organizzare la Rassegna cinematografica Ricordare non basta, arricchita da una serie di incontri, letture, testimonianze e ricordi che si terranno tutti c/o la Sala “Flavio Boccarini” (P.zza Augusto Vera, 10), in collaborazione con il Forum Donne Amelia e la Consulta per l’Integrazione del Comune di Amelia.
Vent’anni fa, 5 aprile 1992: la Bosnia Erzegovina si rendeva indipendente dalla Jugoslavia. Era l’alba di una guerra che avrebbe spezzato un Paese e cominciava l’assedio di Sarajevo, destinato a terminare quattro anni dopo, il 29 febbraio 1996. Era l’inizio di un conflitto nel cuore dell’Europa che metteva contro famiglie, amici, vicini di casa.
Sono stati per questo selezionati tre film che ci provano a raccontare tutto questo.
Si parte venerdì 8 novembre (ore 21.00) con Il segreto di Esma, un film di Jasmila Žbani? (Bosnia-Herzegovina, 2006).
Sarajevo, anno 2006, spaccato del dopoguerra immerso nel dramma degli stupri etnici: Esma cresce da sola sua figlia ora dodicenne, celandole tutto quel che sapeva sul padre.
Il film è una pellicola tutta al femminile, nella sensibilità, nello sguardo attento al cuore, alla gestualità, alle problematiche delle donne reduci da quella guerra che ne ha inesorabilmente determinato il percorso di vita: ed è proprio nell’unione, nella forza dell’amicizia, della complicità, dell’aiuto tra donne che il cammino verso la guarigione si rende obiettivo possibile.
Esordio nel lungometraggio di Jasmila Zbanic, autrice di numerosi cortometraggi e documentari. Un piccolo grande film, duro e delicato alla stesso tempo, Orso d’Oro al Festival di Berlino del 2006.
II film sarà introdotto da alcune letture a tema e dalla testimonianza di Leyla Izmirlic, presidente della Consulta per l’Integrazione del Comune di Amelia e originaria di Sarajevo.
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Il giorno dopo, sabato 9 novembre (ore 21.00), la serata ruoterà intorno la proiezione di Prima della pioggia, un film di Milcho Manchevski (Gran Bretagna, Macedonia 1994).
Una ragazza è ricercata dai familiari di un uomo che lei ha ucciso. Si rifugia in un monastero per poi fuggire con un giovane che sta prendendo i voti…
Leone d’Oro al miglior film al 51ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e nomination all’Oscar come miglior film straniero.
Affermava Tullio Kezich qualche tempo fa: “Per Prima della pioggia la tragedia ex Jugoslava ha un solo nome, fratricidio; e il bel film di Manchevski ci dice che noi rischiamo di assistere inerti alla balcanizzazione del mondo”.
Nel corso della serata intervento e riflessione di Jadrana Godinovic.
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La rassegna chiude i battenti domenica 10 novembre (ore 18.00) con la proiezione di No Man’s Land di Danis Tanovic (Italia, Belgio, Gran Bretagna 2001).
La storia di due soldati nella terra di nessuno: Ciki, bosniaco, e Nino, serbo, si trovano nella no man’s land tra le linee nemiche.
Tra soldati che non possono alzarsi dalla mina che li farebbe esplodere, uomini dell’ONU incapaci e giornaliste d’assalto, Tanovic porta a casa anche l’Oscar 2002 come miglior film straniero.
“Qual è la differenza tra un pessimista e un ottimista? Il primo pensa che le cose non possano andare peggio di così. Il secondo è convinto di sì”. È la battuta chiave di questo film comicamente amaro sulla guerra nella ex Jugoslavia e, per traslato, su tutte le guerre. Dice il regista Tanovic: “La lingua parlata dai Serbi, dai Croati e dai Bosniaci è di fatto la stessa. Oggi i Serbi la chiamano serbo, i Bosniaci bosniaco e i Croati croato. Ma quando parlano si capiscono perfettamente tra loro”. È una frase su cui meditare.
Postilla finale sul Ponte di Mostar. Incluso nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità, venne immediatamente messo in moto un progetto per la ricostruzione, che cominciò alla fine delle ostilità e terminò il 22 luglio 2004 sotto l’egida dell’UNESCO.
Le sue 1.088 pietre vennero lavorate secondo le tecniche medievali. Lo Stari Most è stato riaperto (appunto il 22 luglio 2004), con cerimonie basate sull’idea di una riconciliazione fra le comunità bosniache dopo gli orrori della guerra.
Per tutti gli eventi: entrata con tessera e sottoscrizione